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5.5 TRASFORMAZIONI CANONICHE

Sommario La funzione hamiltoniana è un modo conveniente di descrivere un sistema dinamico conservativo; tuttavia le equazioni di Hamilton dipendono dalla scelta di un sistema di coordinate, e non sono invarianti rispetto ad un cambiamento di coordinate nel piano $(p,q)$. Le trasformazioni canoniche sono quei cambiamenti di coordinate che consentono di conservare la descrizione del sistema dinamico mediante la funzione hamiltoniana, anzi mediante la stessa funzione di Hamilton, espressa nel nuovo sistema. Le trasformazioni canoniche possono a loro volta essere descritte in termini di una sola funzione generatrice, che però in molti casi significativi risulta una ``funzione a più valori''.

Le mappe che conservano l'area sono canoniche

Vogliamo determinare quali cambiamenti di coordinate

\begin{displaymath}
\Psi\; :\;(p,q)\; \longmapsto (w,z)
\end{displaymath}

trasformano le equazioni di Hamilton con hamiltoniana $H(p,q)$ nelle equazioni di Hamilton con hamiltoniana $K(w,z)$. Il problema diventa più facile se si impone la condizione - più restrittiva- che le due hamiltoniane siano ottenute mediante la stessa trasformazione, come le funzioni con gli stessi valori nei punti corrispondenti:

\begin{displaymath}
H(p,q)=K(w,z)=K(w(p,q),z(p,q))\;;
\end{displaymath}

si dice in questo caso che le due hamiltoniane si corrispondono per valore.

Se per ogni hamiltoniana $H(p,q)$ (di classe $C^2$), il cambiamento di coordinate $\Psi$ preserva la forma hamiltoniana della dinamica, con hamiltoniane che si corrispondono per valore, $\Psi$ si dice trasformazione canonica.

Sia $\Psi$ un cambiamento di coordinate che sia un diffeomorfismo ($C^1$ e con inversa $C^1$); se $A$ è la matrice jacobiana di $\Psi$:

\begin{displaymath}
A=\frac{\partial {(w,z)}}{\partial {(p,q)}} = \left[\begin{...
...l {p}}}&{\frac{\partial {z}}{\partial {q}}}\end{array}\right]
\end{displaymath}

la trasformazione $\Psi$ è canonica se e solo se $det\, A=1$ identicamente, cioè se conserva l'area.

Dimostrazione:

 C.D.D.


Un'altro modo di presentare lo stesso risultato usando le parentesi di Poisson è il seguente: la trasformazione $w(p,q),
z(p,q)$ è canonica se e solo se

\begin{displaymath}
\{z(p,q),w(p,q)\}=1
\end{displaymath}

per ogni $(p,q)$. Infatti $\{z,w\} =det A$.

Abbiamo già visto che il flusso integrale di un sistema hamiltoniano è conservativo, cioè conserva l'area. In effetti è intuitivo che il flusso integrale per un tempo $t$ fisso è un'equivalenza tra le dinamiche, se le equazioni differenziali non dipendono dal tempo; quindi il flusso integrale $\Phi^t$ è una trasformazione canonica per ogni $t$ per cui è definito.

Esempio:


Esempio:


Esempio:


Esercizio Data la trasformazione della coordinata $q$ definita da $z=f(q)$, dove $f(q)$ è una funzione $C^1$ con $f'(q)\neq 0$, trovare tutte le possibili trasformazioni canonica $(p,q)\mapsto (w,z)$ per cui la seconda coordinata è espressa da $z=f(q)$. (Soluzione)

Problema Trovare tutte le trasformazioni canoniche lineari:

\begin{displaymath}
\left[\begin{array}{c}{w}\\
{z}\end{array}\right]=A \, \left[\begin{array}{c}{p}\\
{q}\end{array}\right]\;,
\end{displaymath}

dove $A$ è una matrice $2\times 2$, con $det\, A=1$.

Suggerimento: Questo problema è già stato menzionato al momento della definizione di sistema dinamico discreto conservativo.

Usando l'equazione caratteristica $\lambda^2 -tr\, A\,\lambda +1=0$, in cui l'unico coefficiente variabile è la traccia, si trova il criterio della traccia per cui $\vert tr\, A\vert<2$ caratterizza le matrici simplettiche stabili che sono rotazioni, $\vert tr\, A\vert>2$ caratterizza le matrici simplettiche iperboliche con autovalori reali $\lambda,\; 1/\lambda$; per $tr\,A=\pm2$ ci sono due casi, a seconda se la matrice è o no diagonalizzabile.

(Soluzione)

Funzioni generatrici

Abbiamo visto come verificare che una data trasformazione è canonica, usando il determinante jacobiano. Cerchiamo un metodo per costruire trasformazioni canoniche: per questo si sfrutta l'equivalenza della proprietà di essere canonica con la proprietà di conservare l'area.

L'area di un insieme limitato e chiuso $D$ nel piano delle variabili $(p,q)$ si misura mediante l'integrale doppio

\begin{displaymath}
Area(D)=\int\!\!\!\int _D \,dp\,dq
\end{displaymath}

che per la formula di Green si può esprimere mediante un integrale di linea sulla curva chiusa che fa da bordo all'insieme $D$, percorsa in verso antiorario

\begin{displaymath}
Area(D)=\int_{\partial D} \,p\,dq\;.
\end{displaymath}

Anche nel caso di insiemi di forma più complessa il cui bordo è diviso in componenti connesse, ciascuna delle quali è una curva chiusa, vale la formula di Green purché si intenda che ogni curva del bordo sia percorsa in modo da lasciarsi l'insieme $D$ a sinistra rispetto alla velocità sulla curva. Nell'esempio della Figura 5.10 si vede un insieme $D$ che non è semplicemente connesso, il cui bordo consiste di due curve, percorse in senso antiorario per il bordo esterno ed orario per il bordo interno.

L'espressione $p\,d\,q$ è una forma differenziale lineare, dove la ``funzione coordinata'' $p$ è una funzione del punto sulla curva.

Consideriamo ora una trasformazione $(p,q)\longmapsto (w,z)$, definita (e di classe $C^1$) su di un aperto $B\subset {\bf R}^2$; l'immagine di $D\subset B$ per la trasformazione sia $F$. L'ipotesi che la trasformazione sia canonica si traduce nell'eguaglianza delle aree:

\begin{displaymath}
\int\!\!\!\int _D \,dp\,dq=Area(D)=Area(F)= \int\!\!\!\int _F \,dw\,dz
\end{displaymath}

Applicando la formula di Green nel piano $(w,z)$, nella forma con la prima coordinata come variabile di integrazione:

\begin{displaymath}
\int_{\partial D} \,p\,dq= -\int_{\partial F} \, z\,dw
\end{displaymath}

Per la continuità della trasformazione, la curva (o le curve) che costituisce il bordo $\partial F$ è l'immagine mediante la trasformazione della curva (o curve) che costituisce il bordo $\partial D$. Perciò si può interpretare l'integrale di linea su $\partial F$ come integrale su $\partial D$ della forma differenziale $z(p,q)\;dw(p,q)$.

I cambiamenti di coordinate possono sempre essere interpretati come applicazioni tra due insiemi distinti oppure come parametrizzazione, con coppie di numeri diversi, dei punti dello stesso insieme. Il ragionamento che precede usa il secondo modo di pensare.

\begin{displaymath}
\int_{\partial D} \,p\,dq= -\int_{\partial D}\,z(p,q)\,dw(p,q)\;.
\end{displaymath}

Figura 5.10: La relazione tra un insieme del piano ed il suo bordo contiene informazioni sull'orientazione. Un insieme non semplicemente connesso può avere un bordo composto da più di una curva, ma per ciascuna di queste si può definire un verso di percorrenza.
\begin{figure}{\centerline{\epsfig{figure=figures/figbordi.ps,height=8cm}}}
\end{figure}
Per rendere pienamente legittimo questo passaggio dobbiamo verificare che le curve che costituiscono $\partial D$ e quelle che costituiscono $\partial F$ si corrispondono non solo nel senso di passare per punti corrispondenti, ma anche di avere lo stesso verso di percorrenza. Questo è assicurato dal fatto che una trasformazione canonica ``conserva l'area con il segno'', cioè non solo ha determinante jacobiano $\pm 1$, ma proprio uguale a $+1$; perciò conserva l'orientazione, e quindi se una curva gira sul bordo di $D$ in modo da lasciarsi $D$ a sinistra, anche la sua immagine gira sul bordo di $F$ in modo da lasciarsi $F$ a sinistra.

Allora l'eguaglianza delle aree si traduce nell'annullarsi di un'espressione calcolata nelle sole variabili ``vecchie'', cioè $(p,q)$:

\begin{displaymath}
\int_{\partial D} [p\,dq+z(p,q)\,dw(p,q)]=0\;.
\end{displaymath}

Si noti che la formula precedente vale per ogni insieme $D\subset B$, sottoposto soltanto ad ipotesi di regolarità che assicurino l'esistenza degli integrali doppi e di linea che abbiamo usato (se il bordo di $D$ è una curva regolare a tratti queste ipotesi sono certamente soddisfatte). Ma allora la forma differenziale lineare $p\,dq+z\,dw$ è una forma chiusa, cioè i suoi integrali di linea non cambiano per una piccola deformazione del cammino di integrazione a estremi fissi. In termini di campi vettoriali, il campo vettoriale corrispondente a questa forma differenziale è irrotazionale. Questo ragionamento è alla base del metodo della funzione generatrice per definire le trasformazioni canoniche.

Sia $B$ un insieme aperto del piano $(p,q)$, e sia

\begin{displaymath}\Psi \; :\; B \; \longrightarrow\; C \subset {\bf R}^2
\hspace{5mm},\hspace{5mm}
\Psi\; : \; (p,q)\; \longmapsto (w,z)
\end{displaymath}

un diffeomorfismo di classe $C^2$ tra i due insiemi $B$ e $C$, che sia anche una trasformazione canonica.

Sia $(p_0,q_0)$ un punto di $B$ tale che $\partial z/\partial
q(p_0,q_0) \neq 0$. Allora esiste un intorno $U$ di $(p_0,q_0)$ su cui la $\Psi$ può essere descritta come segue: esiste una funzione $F$, di classe $C^2$, delle variabili $(q,w)$, detta funzione generatrice, il cui differenziale è:

\begin{displaymath}
F=F(q,w)\hspace{5mm},\hspace{5mm}dF(q,w)= p\,dq+z(p,q)\,dw(p,q)
\end{displaymath}

ossia, in termini di derivate parziali,
\begin{displaymath}
\left\{\begin{array}{lcl}
{\displaystyle \frac{\partial {...
... {\displaystyle=} &{\displaystyle z}
\end{array}\right.\;;
\end{displaymath} (5.1)

inoltre la funzione $F(q,w)$ ha la proprietà che
\begin{displaymath}
\frac{\partial^2 {F}}{\partial {q}\,\partial{w}}(q,w)\neq 0\;.
\end{displaymath} (5.2)

Viceversa, se esiste in un intorno di $(q_0,w_0)$ una funzione $C^2$ $F(q,w)$ che soddisfa la condizione (5.2), allora essa definisce implicitamente tramite le equazioni (5.1) una trasformazione canonica da un intorno di $(\partial F/\partial
q(q_0, w_0), q_0)$ a un intorno di $(w_0,\partial F/\partial w(q_0,
w_0))$.

Dimostrazione:

 C.D.D.


Esempio:


Esercizio Data la trasformazione di coordinate

\begin{displaymath}
w=\frac pq \hspace{5mm},\hspace{5mm}z=\frac 12\, q^2
\end{displaymath}

(per $q>0$), verificare che si tratta di una trasformazione canonica e trovare la sua funzione generatrice $F(q,w)$. (Soluzione)

Forme alternative della funzione generatrice

La funzione generatrice è una funzione di variabili ``miste'', cioè una ``vecchia'' ed una ``nuova''. Però la scelta di $q$ nella coppia $(p,q)$ e di $w$ nella coppia $(w,z)$ è arbitraria. Questo si potrebbe mostrare ripetendo il ragionamento con una scelta diversa delle formule di Green nel piano $(p,q)$ e/o nel piano $(w,z)$, ma anche più direttamente componendo una trasformazione definita da $F(q,w)$ con una trasformazione che scambia la coordinata con il momento, in uno dei due piani (o in entrambi).

Naturalmente occorre aggiustare i segni: se si esegue

\begin{displaymath}
{p}={-q'}\hspace{5mm},\hspace{5mm}{q}={p'}
\end{displaymath}

e quindi

\begin{displaymath}
{\frac{\partial {F}}{\partial {q}} (q,w)}={p}\hspace{5mm},\hspace{5mm}{\frac{\partial {F}}{\partial {w}} (q,w)}={z}
\end{displaymath}

è come definire un'unica trasformazione (che è la composta delle due) con funzione generatrice

\begin{displaymath}
F=F(p',w)
\end{displaymath}

ed equazioni implicite che definiscono la trasformazione:

\begin{displaymath}
{\frac{\partial {F}}{\partial {p'}} (p',w)}={-q'}\hspace{5mm},\hspace{5mm}{\frac{\partial {F}}{\partial {w}} (p',w)}={z}\;.
\end{displaymath}

Se si esegue la trasformazione

\begin{displaymath}
{\frac{\partial {F}}{\partial {q}} (q,w)}={p}\hspace{5mm},\hspace{5mm}{\frac{\partial {F}}{\partial {w}} (q,w)}={z}
\end{displaymath}

seguita da

\begin{displaymath}
{w}={-z'}\hspace{5mm},\hspace{5mm}{z}={w'}
\end{displaymath}

è come usare la funzione generatrice in variabili miste

\begin{displaymath}
\tilde F(q,z')= F(q,-z')
\end{displaymath}

per definire la trasformazione

\begin{displaymath}{\frac{\partial {\tilde F}}{\partial {q}} (q,z')}={p}\hspace{...
...}
{-\frac{\partial {\tilde F}}{\partial {z'}} (q,z')}={w'}\;. \end{displaymath}

Finalmente, eseguendo due scambi coordinata/momento, uno nel piano $(p,q)$ ed uno nel piano $(w,z)$, si ottiene una quarta formula con funzione generatrice

\begin{displaymath}
F=F(p',z')
\end{displaymath}


\begin{displaymath}
\tilde F(p',z')=F(p',-z')
\end{displaymath}

e la regola di trasformazione con due segni meno:

\begin{displaymath}
{\frac{\partial {\tilde F}}{\partial {p'}} (p',z')}={-q'}\h...
...{-\frac{\partial {\tilde
F}}{\partial {z'}} (p',z')}={w'}\;.
\end{displaymath}

L'unica difficoltà nell'impiego di una qualunque di queste quattro formule della trasformazione definita dalle funzione generatrice è quella di ricordarsi la regola dei segni. Per questo conviene, se possibile, attenersi al caso $F(q,w)$ che ha tutti i segni positivi.

Esempio:


Andrea Milani 2009-06-01