2.4 Non attraverso i miei occhi

La mattina dopo non mi sentivo molto in forma, perché sogni inquietanti avevano disturbato il mio sonno. Ma con la prof. Giusti non era il caso di darsi malato. Mi presentai nel suo ufficio, lei mi portò subito al laboratorio VR, cioè di realtà virtuale, questa volta però alla Sala connessione. C'era un groviglio di fibre ottiche che circondava quattro lettini; due erano occupati, da un anziano ricercatore e da una giovane ragazza che si agitava, trattenuta dalle cinghie di sicurezza, nelle allucinazioni... no, nella sua vita virtuale. Mi fece disgusto, anche se era una ragazza carina, vederla agitarsi in quel modo. Il vecchio scienziato invece si muoveva appena, come se sapesse conservare le sue energie.

- Credevo che chi è connesso dovesse stare solo - chiesi alla prof.

- Così la pensano gli hackers: per loro la connessione é un'esperienza privata. Ma tu lo sai quanti hackers ci restano stecchiti, durante le connessioni? Non preferisci avere un medico di guardia, che controlla le tue funzioni fisiologiche? Comunque, qui nessuno bada a quello che fai, salvo se ti agiti troppo - proprio mentre la Giusti mi faceva la predica il medico di guardia fece un'iniezione alla giovane ricercatrice che si agitava scompostamente; lei si calmò quasi subito.

Mi sdraiai su uno dei lettini liberi, la prof sull'altro. Dopo averci messo le cinture di sicurezza, il medico ci collegò gli innesti.

- Sei pronto? - mi chiese la prof.

- Sì, ma come ci ritroviamo là dentro?

La Giusti rise.

- Non ti preoccupare, non ti lascerò solo... alla prima esperienza; ho un motore di ricerca su di te, non ti perderò qualunque cosa tu faccia. Ora connettiamoci.

L'immersione nell'illusione del ciberspazio fu lenta, graduale. Niente di simile allo sballo improvviso che piace tanto agli hackers, e agli scrittori cyberpunk. Regolamenti di sicurezza, osservati rigidamente; un centro di ricerca, non Cyberdisneyland.

Prima la vista si annebbiava, come se un velo coprisse tutto quello che stava nel laboratorio VR. Poi un attimo di buio, di mancanza totale di sensazioni; non è facile rendersi conto del trascorrere del tempo: come mi hanno insegnato, conto lentamente, uno, due, tre, quattro. Quando la luce si riaccende, ma non attraverso i miei occhi, mi trovo in uno spazio dai contorni indefiniti, di fronte a me una sorta di torre a molti piani, che però non ha pilastri né colonne che la sostengano. Sul piano più vicino a me c'è la solita metafora della scrivania, con cartellette ordinate, ciascuna con un titolo o un simbolo ben visibile.

In questo spazio virtuale mi posso muovere facilmente in tutte le direzioni, anche verso l'alto: posso volare, basta spingere con le gambe. Questo l'ho studiato: ``i movimenti possibili con la persona non sono limitati dalle leggi della fisica che si applicano al corpo reale''. Mi spingo verso l'alto, senza ragione, solo per la sensazione inebriante del volo. Rapidamente salgo lungo la torre: centinaia di piani diversi, traboccanti di informazioni che non faccio in tempo a comprendere; continuo a spingere verso l'alto, fino ad un terrazzo sulla cima della torre. Ma quando guardo le cartellette sull'ultimo piano mi sembra di essere diventato analfabeta: non capisco niente di quello che c'è scritto, forse la parola più semplice è ``gnoseologia''.

- Ma dove vai - una figura appare accanto a me, è una giovane ragazza dai capelli neri lunghi, raccolti in una coda di cavallo - se spingi sempre verso l'alto... ti perderai nella chiacchere dei filosofi.

La fisso per un momento, colto di sorpresa dalla sua presenza e dal suo tono. Ha una faccia carina, con un naso volitivo, il suo corpo mostra forme piene, malgrado la sua giovane età. E poi il modo in cui curva il collo per tenere ben su la testa, sì, mi sembra di conoscerla.

- Ma tu chi sei? sembri la professoressa...

- Non sai le regole di netiquette? È proibito l'uso di titoli accademici. Qui sono Laura Giusti... chiamami Laura.

- Ma la sua persona...

- Questa è la mia persona, rilevata da uno scanner qualche anno fa... quando avevo circa la tua età. Dici che dovrei cambiarla? - e mi gira attorno, mostrando le sue forme che un vestito nero molto aderente non nasconde. Le stesse forme piene della professoressa, solo più sode, piuttosto interessanti. Faccio uno sforzo per controllarmi, e le chiedo umilmente:

- Prof... Laura, per favore, spiegami come devo fare. Mi sono perso, qui non trovo più nessun link comprensibile.

- Non hai studiato che nel ciberspazio ``la terza dimensione è usata come metafora della gerarchia dell'informazione''? Se ti spingi sempre verso l'alto, trovi informazioni sempre più generali. Al piano più alto, l'informazione è talmente astratta, che nessuno ci capisce niente... sono le regioni di frontiera, della ricerca filosofica sulla conoscenza. Neanche io so ritrovarmi facilmente, a partire da qui.

Naturalmente ha ragione lei, dovrei sapere come è organizzato il ciberspazio; ma avevo imparato questo in teoria, non in pratica, e la mia prima esperienza piena del ciberspazio attraverso l'innesto neuronale è di una complessità sconcertante.

- Allora, ci siamo perduti?

- Perduti? Ma figurati... batti un piede, come ti hanno insegnato, attiva un motore di ricerca, inserisci qualche parola chiave, che abbia a che fare con quello che cerchiamo.

Frustato dal rimprovero, attivo con il piede sinistro un motore di ricerca a base testuale, e digito sulla tastiera virtuale che percepisco sempre a portata delle mie mani: ``dinosauri'' e ``CD''. La torre scompare in lontananza, ora vediamo dall'alto una pianura popolata di edifici, insomma delle specie di cubi con le facce di diversi colori, collegati da strade o cavi, sembra un diagramma a blocchi. Ogni elemento del paesaggio è colorato in modo troppo complicato, e l'insieme mi dà soltanto una sensazione di confusione.

- Usa la mano sinistra per adattare la color map, in modo che la tua attenzione vada... alle informazioni prioritarie - la prof... Laura non dimentica mai il suo compito di insegnante. Dopo aver regolato i colori in modo più semplice, mi rendo conto che l'elemento più importante del paesaggio è un grande edificio, la cui forma a piramide rappresenta una gerarchia di informazione. Il vertice spuntato forma un desktop che offre una scelta di cartelle e menù i cui titoli indicano che siamo arrivati alla meta; le nostre persone atterrano su questa specie di terrazza.

Scelta la cartelletta CD del cretaceo - visione globale faccio apparire l'immagine di un disco. Puntando con un dito su di una traccia del disco si può visualizzare la sequenza di codici, che non ha alcun significato apparente; la traduzione in lettere e numeri è del tutto arbitraria, quello che è stato letto sulla roccia è soltanto codice binario.

- Mi pare chiaro che non vale neppure la pena di tentare di decifrare un singolo file - dico a Laura - ci vuole una visione globale. Come devo fare per avere una trasformazione allo spazio delle frequenze?

- Dai il comando in modo testo, sulla tastiera, e definisci una macro, magari attivata da un gesto.

Allora digito sulla tastiera che appare davanti alle mie dita:

Fast Fourier Transform $\longrightarrow$

Una voce senza corpo mi risponde:

- Eseguire il gesto di attivazione al segnale acustico...bip

Io faccio un gesto con il dito indice della mano sinistra, come se lanciassi una pallina. La voce risponde:

- Conferma definizione macro... FFT, attivazione con la mano sinistra.

Adesso posso usare il procedimento di trasformazione al dominio delle frequenze: ripeto il gesto di lanciare la pallina, ma con l'immagine del CD al posto della pallina. Il disco diventa colorato; dopo un po' di lavoro di regolazione della color map la situazione appare abbastanza chiara. Ci sono regioni del disco, comprendenti intere tracce, che hanno un colore molto diverso, cioè presentano delle frequenze dominanti molto differenti dalle altre.

- Quali sarebbero le tracce con i video? - chiedo a Laura, e lei mi indica delle parti del disco che nella mia color map sono colorati in verde.

- Benissimo, ora rilevo le frequenze dominanti, che sono quelle corrispondenti ad una riga dell'immagine, e poi calcolo la regione in cui dovrebbero trovarsi le frequenze dominanti dell'audio.

- Ma come fai a sapere, quali frequenze sono udibili, per un dinosauro?

- Non lo so... quali sono le frequenze dellle immagini video?

- I dinosauri avevano una vista acutissima, la risoluzione del loro video era 2000 per 2000; del resto, basta pensare agli uccelli, che sono i più vicini parenti dei dinosauri. Magari avevano anche una vista veloce. Però la frequenza di rinfresco, dei loro video, non la sappiamo: abbiamo ipotizzato 150 al secondo.

- Se per questo, gli uccelli hanno anche un udito finissimo... quindi il rapporto tra le due frequenze sarà simile a quello che vale per noi. Perciò proviamo con la banda da 50 a 50000 Hertz, supponendo che la frequenza di rinfresco del video sia 150 Hertz. Ecco... le regioni in blu hanno spettri concentrati nella regione che probabilmente era udibile dai dinosauri, che sembrerebbe essere da 65 a 47000 Hertz.

La prof mi pare abbastanza compiaciuta di quello che ho fatto.

- Allora - dice - all'Università di Pisa non fate tanta pratica, ma la teoria la imparate. Ti meriti un bacio.

E prima che io abbia il tempo di reagire veramente mi bacia; cioè virtualmente mi bacia sulla bocca. Io virtualmente arrossisco... chissà se la mia faccia, laggiù sul lettino nel laboratorio, è veramente arrossita.

La prof, cioè Laura, nella realtà virtuale sembra molto più disponibile ed espansiva, come la giovane donna di cui porta l'aspetto. Naturalmente è un'idea assurda, la persona è controllata dalla vera personalità di oggi, e la sua voce è quella della prof, con il suo ritmo. Però la vedo con le forme dell'epoca in cui era stata registrata; il che è solo un vantaggio, credo. E poi deve essere veramente contenta di quello che ho fatto, le ho fatto subito fare un piccolo progresso, individuando le tracce audio; ha perfino chiamato la mia università con il nome antico e glorioso, non con quello più modesto di oggi.

- Va bene, metti i tuoi segnalibri e andiamo. Anzi, prima che usciamo dal ciberspazio, c'è qualcos'altro che vuoi provare?

Spero che la mia esitazione non le abbia fatto immaginare cosa stavo pensando di rispondere; certo che mi ha turbato. In questi giorni la mia immaginazione è sovreccitata, sarà colpa dell'innesto. Le chiedo di portarmi ancora un po' in giro, facendomi vedere i principali punti di accesso alle biblioteche di dati di cui mi dovrò servire, per esempio sui dinosauri, sulla loro estinzione, sugli uccelli.

Ce ne andiamo: al comando di uscita, la luce si spenge lentamente, e come in una dissolvenza incrociata apparve il laboratorio VR. Il lettino del laboratorio in cui mi ritrovai aveva le lenzuola in disordine e sudaticce, eppure io non mi ero neppure reso conto del tempo passato nel ciberspazio, e dello sforzo che avevo fatto. Bisognava che imparassi a controllare meglio il mio soma abbandonato, o vuoto, come lo chiamano i teorici di VR. Accanto a me c'era la giovane ricercatrice che si agitava troppo. Era tutta sudata e con l'aria sconvolta, probabilmente io non avevo un aspetto migliore: lei però faceva un odore dolce, forse di arancia. Allora mi feci presentare dalla prof; lei si chiamava Anna, e faceva ricerca sul linguaggio dei cetacei, in particolare i delfini.

Andrea Milani 2011-10-11