In pochi minuti di navigazione raggiunsi il centro storico. La maggior parte delle case, sommerse fino al primo e anche al secondo piano, stavano lentamente crollando, come se i piani inferiori si stessero sciogliendo. Soltanto qualche chiesa, qualche casa-torre medievale era stata plastificata dalla sovraintendenza ai monumenti e spuntava, intatta nella sua vetustà, dalle acque. Sembrava di navigare su una di quelle carte turistiche in cui sono disegnati solo i principali monumenti.
Per orientarmi, navigai nel canale più largo che passa proprio nel mezzo della città, dove una volta stava il letto del fiume Arno. L'unica attrazione turistica costruita nei tempi moderni era il monumento galleggiante a forma di diga, proprio in mezzo all'antico corso del fiume. Scolpita alla base del monumento, la dedica diceva: Agli Eroici Costruttori della diga di Bocca d'Arno, 2010-2020. Secondo me, se il monumento doveva essere galleggiante voleva dire che i costruttori di dighe erano magari eroici, ma poco efficaci.
Il canale Santa Maria seguiva un percorso curvo dal fiume alla principale attrazione turistica, la cosiddetta ``Piazza dei Miracoli''. Però non era più una piazza, ma una grande vasca circondata da mura plastificate; era chiusa alle barche a motore, così dovetti parcheggiare il topo e prendere una gondola.
I monumenti erano stati tutti plastificati o inclusi in una bolla di materiale composito trasparente. La più impressionante era la Torre, che non solo pendeva ma era anche inclusa in una bolla inclinata: un miracolo di ingegneria. Nella vasca attorno alla Torre, alla Cattedrale e al Battistero, c'era un gran traffico di gondole piene di turisti cinesi. L'atteggiamento del gondoliere era quello tipico della sua categoria: naturalmente nessun posto poteva essere bello come Venezia, perciò da quando Venezia era stata sommersa bisognava accontentarsi di attrazioni nettamente inferiori, da presentare ai turisti con molto distacco, se non disprezzo. A me, al contrario, i monumenti fecero molta impressione, ed il loro riflesso nell'acqua rendeva la vista ancora più spettacolare.
Salire sulla Torre costava una fortuna e richiedeva una prenotazione fatta almeno sei mesi prima; e poi, secondo la tradizione, gli studenti dell'Università non dovevano salire sulla Torre perché portava sfortuna alla loro carriera accademica. Io scelsi di visitare il Cimitero Monumentale, dove potei ammirare gli affreschi del Trionfo della Morte e del Giudizio Universale usando un semplice congegno con un vetro per la visione sottomarina. Gli affreschi perfettamente plastificati avevano conservato tutti i loro colori, e mi fecero una duratura impressione; anche se non tornai più a vederli durante il mio soggiorno a Pisa mi ricordo ancora le facce dei dannati non solo piangenti, ma esauriti dal dolore e dalla disperazione.
Dopo la visita alla zona monumentale andai al centro commerciale sulle palafitte, subito fuori dalle mura della Vasca dei Miracoli. Era pieno di turisti, c'erano dei mercanti, ma non troppi; nel ventesimo secolo si usava vendere modellini della Torre pendente in alabastro, ma a quel tempo l'artigianato dei ricordini era già in decadenza. Perché portarsi a casa un ingombrante ricordo? Bastava comperare il CD con i disegni 3-D di tutti i monumenti, e poi stampare i modelli in plastica usando una legoprinter. Invece erano piuttosto numerosi gli artisti che facevano i ritratti ai turisti. Molti di loro baravano, cioè usavano una matita guidata dal calcolatore che copiava l'immagine carpita da una telecamera nascosta; ma c'era anche qualche artista vero, che vendeva dei dipinti o delle ceramiche non banali.
- Vuoi che ti faccia un ritratto? - mi chiese una pittrice, che sembrava essere tra quelli che sapevano disegnare e dipingere davvero, aveva anche qualche bella ceramica. Era giovane ed aveva dei capelli rosso fiamma.
- Come vuoi che un povero dottorando abbia i soldi per cose del genere? - risposi; non credevo che la povertà mi pesasse tanto, si hanno sempre delle sorprese su se stessi.
- Allora ti farò il ritratto, ma lo terrò esposto qui come pubblicità per la mia arte. Vieni, siediti.
Naturalmente non mi sognai di rifiutare una simile offerta. Mentre mi faceva il ritratto, mi scrutava con degli occhi verdi e profondi. Era concentrata nel suo lavoro, ma io volevo anche fare due chiacchere.
- Come ti chiami? E di dove sei?
- Mi chiamo Terry; sono italiana e sono canadese.
- E dove hai imparato a dipingere?
- Ho studiato arte a Toronto, St. Mary College. Ma forse ho imparato di più da mia madre.
- E adesso che cosa fai, oltre alle ceramiche che vendi?
- Queste sono per i turisti, si fanno in poco tempo. Nel mio studio dipingo a olio, scolpisco nel marmo; un'arte più dura, non tanto commerciale. Ecco, guarda, per me tu sei così.
Il suo ritratto era fatto in modo semplice, a carboncino, ma aveva colto un mio sguardo profondo, come assorto. Dopo che il ritratto fu finito io le rimasi appresso per un po', mentre lei cercava di vendere un vaso di ceramica ad un turista indonesiano, ed ebbi tempo di guardarla molto bene: era alta, ben fatta, energica, portava con eleganza un vestito semplice. Quando ebbe concluso il suo affare con il turista asiatico tornò a parlare con me.
- Per quanto resterai a Pisa?
- Non saprei, ho appena cominciato il dottorato, ci vorranno forse tre anni. E tu?
- Io di solito resto a Pisa fino all'inizio della stagione delle piogge, quando i turisti si diradano; e poi me ne vado nell'emisfero sud: Città del Capo, oppure Port Arthur, Australia.
Eravamo seduti molto vicini, sentivo il suo odore fresco, sapeva un poco di mare, come una brezza sulla spiaggia.
- Sai che io lavoro proprio sui reperti fossili australiani? Però probabilmente non visiterò mai il posto dove sono stati trovati, il lago Waukarly-carly.
- Certo, non hai bisogno di andarci di persona perché tu non sei soltanto di questo mondo - e mi passò le dita tra i capelli, sfiorandomi appena la protuberanza dell'innesto neuronale. Io rimasi imbarazzato, sono certo di essere arrossito, come se quel gesto mi avesse toccato in una parte intima; ma l'innesto è una parte intima. E quasi a rendere l'analogia più inquietante, il piccolo stimolo ai neuroni appena feriti mi provocò un'allucinazione in cui la pittrice mi appariva in atteggiamenti da non descrivere.
- Scusa, ti ho fatto male? - chiese preoccupata, vedendomi sconvolto.
- No, è che... non sono ancora abituato all'innesto. Me lo hanno messo stamattina. Ora debbo andare... tornerò a trovarti appena ho un giorno libero - e fuggii in fretta da lei, o dalla mia visione di lei.
Sulla via del ritorno, feci un ampio giro attorno alla città. Mentre ero ad ovest, fuori dalle antiche mura e dalla zona in cui ancora spuntavano delle case in rovina, mi voltai verso il mare a guardare un bellissimo tramonto, ed ebbi un'altra allucinazione: mi appare una verde pianura, interrotta solo da grandi viali alberati, e all'orizzonte verso il mare avanza un'onda alta più delle cime degli alberi. Io ero un bambino, quando era successo; ancora uno scherzo dell'innesto.
Andrea Milani 2011-10-11