2.2 Riti di passaggio

La prof mi condusse attraverso i corridoi senza smettere un attimo di indottrinarmi.

- Per poter operare nel ciberspazio, ci sono tre requisiti principali. Devi conoscere l'espressione corporea, delle operazioni di ricerca, devi avere un innesto neuronale diretto, e devi avere una persona.

Dell'innesto neuronale diretto sapevo qualcosa, anche se mi faceva un po' paura; il controllo corporeo delle operazioni di rete era una materia che si studiava anche nella poco attrezzata Università di Calci; la terza cosa non mi era chiara.

- Persona?

- Una persona, la rappresentazione tridimensionale e dinamica della tua individualità, il tuo contributo all'illusione consensuale del ciberspazio... avrai studiato almeno la definizione.

Nel frattempo eravamo arrivati ad una porta con un cartellino: Laboratorio di realtà virtuale - Acquisizione dati. La stanza era piena di attrezzature che non conoscevo affatto.

- Sì, ma come faccio ad averne una.

- Per questo siamo qui; spogliati.

A questo ordine perentorio restai letteralmente a bocca aperta. La prof rise del mio imbarazzo, e mi spiegò meglio.

- Occorre un modello matematico, a quattro dimensioni, spazio e tempo, del tuo corpo fisico, che verrà usato per rappresentarti nel ciberspazio; in altre parole, con questo modello sarà calcolata l'immagine che tu proiettereai, come ogni altro attore del ciberspazio ti vedrà.

- Ma per questo occorre essere nudo?

- Se tu passassi, sotto lo scanner 4-D, con i vestiti addosso, nel ciberspazio non potresti più cambiare vestito... e neppure toglierlo - e a questa osservazione la prof rise di gusto. Io avevo sentito tante chiacchere su certe cose che succedono nel ciberspazio, le cosiddette nettales, ma non credevo proprio che una persona seria come la Giusti desse peso a storie del genere.

A questo punto mi vergognai di vergognarmi, e cominciai lentamente a spogliarmi. Veramente io credevo che la prof, una volta assicuratasi che avevo capito, si ritirasse o almeno guardasse dall'altra parte; invece rimase a guardarmi con un'espressione indecifrabile.

- Bene - disse quando fui completamente nudo - ora mettiti al centro della pedana, e muoviti: cammina, siediti, saltella, indica.

- Mi fa il solletico - dissi io, quando il raggio laser cominciò a scivolarmi addosso.

- Non è possibile, che tu lo senta! sono pochi microwatt.

Feci come mi aveva detto, e mi mossi sulla pedana dello scanner, che era abbastanza grande da permettermi di camminare un paio di passi, di sedermi e di sdraiarmi, di stirarmi e di piegarmi; dopo un po' non feci più caso allo sguardo indagatore della Giusti, e mi sentii abbastanza a mio agio da muovermi con naturalezza. Quando il laser si spense mi sentii di nuovo nudo, e corsi a rivestirmi.

- Bene - disse la prof - domani mattina ti ho fissato l'appuntamento, con il neurochirurgo per l'innesto; quanto all'espressione corporea, io stessa controllerò la tua preparazione.

Non è che queste cerimonie di iniziazione mi piacessero, ma mi rendevo conto che erano un rito di passaggio necessario. Però la prof mi metteva a disagio; mi congedai, e remai in fretta fino al mio alloggio.

L'indomani mi sottoposi di malavoglia all'operazione di innesto neuronale. Non che facesse male, mi avevano iniettato un anestetico locale, ma era una manipolazione impressionante delle mie capacità sensoriali. Il neurochirurgo era chiaramente competente, e poco disposto a perdere del tempo per occuparsi delle mie paure. Mi trovai alla fine della mattinata il cranio con un buco in più, in cui si poteva infilare la spina di un cavo a fibra ottica; in questo modo il mio cervello poteva ricevere informazioni da una rete di calcolatori, senza passare attraverso gli occhi, le orecchie, le mani.

- Pensa che possa darmi fastidio più tardi, quando l'anestesia non farà più effetto? - chiesi al neurochirurgo.

- Dolore non può sentirne; però c'è qualche volta un effetto di illusione sensoriale, come se sognasse ad occhi aperti. È l'irritazione dei neuroni che sono stati attaccati direttamente al circuito integrato del trasduttore; poi l'effetto svanisce, due o tre giorni al massimo. Comunque ora vada a casa, e si riposi, niente lavoro o studio per oggi.

Andrea Milani 2011-10-11