10.1 Soltanto una bestia

Soltanto più tardi, quando la maggior parte della gente se ne era andata, riuscii a sgattaiolare senza farmi vedere nel suo studio. Lei stava alla finestra e guardava il panorama dei monti.

- Laura - chiamai, e lei si voltò, senza mostrare sorpresa per come la avevo chiamata - sono venuto a salutarti, perché come sai devo partire domattina presto.

Lei si avvicinò a me, ma non troppo, forse temeva che le prendessi la mano, e si lasciò baciare sulle guance, senza parlare.

- Ecco, ti ho portato questo regalo - e tirai fuori un pacchetto incartato nella tipica carta da regalo dei negozi di artigianato turistico della Vasca dei Miracoli.

Lei lo scartò in silenzio: c'era un piccolo elefante di alabastro. Al suo sguardo interrogativo non potei fare altro che rispondere:

- Soltanto uno stupido ricordino. Ma voglio che tu lo tenga, diciamo qui, sulla tua scrivania - non era quello che volevo dirle; volevo dirle che doveva pensare a me, guardandolo, ogni giorno; che io avrei sempre pensato a lei; che la spiegazione stava in un messaggio che le avevo mandato per posta elettronica.

Non le dissi niente di tutto questo. Anzi non mi ricordo cosa le dissi, né cosa mi disse lei. Fu un addio piuttosto difficile. Il messaggio di posta elettronica, scritto a mano come voleva lei, ma che avevo mandato con un sistema a tempo in modo che le arrivasse solo dopo la mia partenza, era questo:

From: alberto.nieri@sancataldo.cnr.it

To: laura.giusti@sancataldo.cnr.it

Subject: addio

Cara Laura,

come al solito ti scrivo le cose che non ho il coraggio di dire a voce. Volevo dirti che non solo oggi me ne vado fisicamente, ma che non ti darò mai più fastidio, non ti imbarazzerò più con il mio amore di cui tu non sai che fartene. Ti giuro che ti amo, e ti giuro che questa è l'ultima volta che te lo dico.

Ma neppure dimenticherò. Sono sicuro che non ti è sfuggito il simbolismo del mio piccolo dono. Infatti l'elefante non è che una bestia, ma ha una memoria formidabile, praticamente non dimentica mai.

Addio, Alberto

All'uscita dall'Istituto mi aspettava Anna per accompagnarmi a casa sua, avevo già venduto la barca. La presi sottobraccio, ma ero più io che mi appoggiavo a lei perché mi sentivo stanco.

- Hai più sentito Terry?

- Speravo che venisse al rinfresco in mio onore...

- No, Terry non ama i ricevimenti formali.

- Non doveva mica venire per assaggiare la torta.

- Doveva venire per cosa? Per vedere la Giusti che stava per piangere?

- No, meglio di no... ma ormai cosa conta, è finita. Ho perso tutto in una volta.

- L'uomo di successo che si lamenta della crudeltà della vita?

Chiunque altro l'avrei preso a schiaffi per una presa in giro simile. Con Anna mi limitai ad agrapparmi più forte al suo braccio. Arrivammo alla porta di uscita, quella che dava su di un piccolo molo, lo stesso su cui ero sbarcato quando ero arrivato per la prima volta a San Cataldo. Mollai di colpo il braccio di Anna.

- Lasciami solo per un momento - lei capì benissimo e tornò dentro in silenzio.

Terry stava ad aspettare vicino alla barca di Anna, seduta sulla sua valigia, quella vecchia di pelle, un po' accartocciata per l'umidità, che usava per metterci le uniche cose di cui aveva sempre bisogno: i pennelli migliori, i colori, le tele non finite, qualche libro di poesie, pochi vestiti leggeri. Non c`era bisogno di molte spiegazioni, ma siccome io ero un insicuro, volli provare ad accarezzarle la pancia. Mi lasciò fare.

Andrea Milani 2011-10-11