- Professoressa, questa è la prima stesura di una traduzione del cosiddetto ``Rapporto Finale''. Molti punti sono ancora oscuri, ma il senso generale comincia ad essermi chiaro.
- Sentiamo - fece la mia padrona.
- Prima di tutto, è veramente un rapporto finale; ci sono diversi passi che usano esplicitamente la parola che io traduco [fine, termine, conclusione; rottura, interruzione]. Il progetto di ricerca sull'intelligenza dei mammiferi è terminato, oppure è stato interrotto, e questo capitolo descrive, in forma breve, riassuntiva, i risultati ottenuti.
- Molto interessante.
- Il testo conferma, con numerosi passi che sono di facile traduzione perché sono accompagnati da video illustrativi, che lo scopo degli esperimenti sui mammiferi era studiare lo sviluppo dell'intelligenza. Contiene anche affermazioni che potremmo chiamare, con termine umano e non dinosaurico, trionfalistiche, sui risultati della ricerca. I dinosauri erano convinti di essere riusciti a inserire in modo permanente nel codice genetico dei protolemuri un gene che accresce la dimensione della corteccia cerebrale, e consente lo sviluppo dell'intelligenza. Ma qui viene il bello: da dove veniva questo gene?
Ora Laura... la Giusti aveva ammorbidito la linea delle sue labbra, e mi guardava come volevo essere guardato da lei; non mi interruppe, ma fece cenno di proseguire. Era il momento di tirare fuori il mio asso dalla manica.
- Il passo decisivo per risolvere questo problema è il seguente:
[il,lo] [gene, DNA; pezzo di spago, frammento] [che, il quale] [cresce, sviluppa; aumenta il peso] [intelligenza; capacità cranica; vista] [era, è stato, fu] [di; tra] [essere superiore, capo, padrone]
- Non ho capito - la prof era umiliata della sua inferiore conoscenza del dinosaurico, ma naturalmente stavo barando, io ci avevo passato due notti per tradurre quella frase.
- La traduzione più verosimile sarebbe:
Il gene che accresce l'intelligenza era di un Waukarlysaurus
A quella rivelazione la prof rimase letteralmente a bocca aperta. Io continuai:
- In altre parole, quelli che venivano allevati nei laboratori che si vedono nel CD erano mammiferi transgenici, in cui era stato inserito un gene della razza dominante di dinosauri intelligenti.
A questo punto la prof era veramente commossa. Mi prese perfino la mano: me lo ricordo bene, perché fu l'ultima volta che lo fece, e la sua stretta di mano era più di una carezza.
- Allora - disse appena si fu ripresa, lasciando la mia mano - se alcuni dei mammiferi transgenici sono sopravvissuti, i dinosauri ci hanno lasciato in eredità il loro cervello, la loro intelligenza.
- E la Terra, perché noi fossimo liberi di distruggerla a nostra volta.
- Perché tanto pessimismo? Stai ancora pensando alla discussione sulla causa dell'estinzione dei dinosauri?
- Non dimentichiamo che lo stesso capitolo contiene il video dell'astronave attorno all'asteroide, la prova che i dinosauri avrebbero potuto deflettere l'asteroide di Chicxulub, e non l'hanno fatto. E c'è anche un link ipertestuale al capitolo sugli effetti delle armi nucleari, non ho ancora capito cosa c'entra, ma è inquietante.
La Giusti rimase in silenzio per un po', pensierosa. Poi uscì fuori con il suo solito suggerimento decisivo:
- Bisogna capire anche questa storia dell'asteroide. Mi pare che l'unica persona che può aiutarci è il vecchio Carletti.
- Chi sarebbe?
- Armando Carletti, un vecchio professore dell'Università di Pisa oggi in pensione. Abita in una villa sulle scogliere di Vecchiano, a un'ora di barca da qui.
- E perché proprio lui ci potrebbe aiutare?
- È un veterano dello Spaceguard Survey.
Quel giorno io mi presi una delle mie poche serate libere, cioè in cui non lavoravo fino a mezzanotte. Andai a cena fuori con Terry, Anna e Fabrizio. Avevamo prenotato un tavolo in uno dei pochi locali notturni a Pisa che non era dedicato al Karaoke Striptease per i turisti dall'oriente. Si mangiava bene, c'era un complessino che suonava e cantava dal vivo musica classica. Dopo i soliti Beatles e Rolling Stones andarono avanti con antico rock del secolo scorso. Io chiaccheravo con Anna, mentre Terry discuteva animatamente di politica con Fabrizio. Ad un tratto fui colto di sorpresa dalle parole di una canzone antica:
Tell Laura I love her... I will be late tonight
Io rimasi senza fiato, tanto che Anna rise di me.
- Ancora non sai decidere quale delle due tu ami, quella vera che sta accanto a te, o quella che è solo un'illusione?
- Sai, il ciberspazio è un'illusione consensuale, ossia, lei è un'illusione, ma è quella l'immagine che lei ha scelto di presentarmi. E poi, perché non posso amare tante donne? Io amo anche te.
Anna mi baciò, e mi accarezzò la mano come per calmarmi:
- Tu mi ami, e anche io amo te, ma di un amore molto diverso.
- Perché non posso amare molte donne, diverse tra loro, e ciascuna di un amore differente? Giuro che sarò fedele a tutte voi, non amerò mai due di voi nello stesso modo.
- E lasceresti che ciascuna delle tue donne amasse molti uomini, ciascuno in un modo differente? `He is just a man, and I had so many'... questa canzone è nel programma di stasera.
Dapprima io non sapevo la risposta a quella domanda. Poi il pensiero di Marco attraversò il mio animo lasciando una scia di dolore: non lo odiavo, non mi sarebbe mai venuto in mente di odiarlo, mi era molto simpatico. Ma avevo capito quello che Anna intendeva.
- Allora non c'è nessun altra via, salvo scegliere un solo modo di amare?
- Un modo principale. Vedi, la generazione delle canzoni che stiamo ascoltando stasera fu la prima a fare esperimenti di massa con forme molto più complesse di amore: i cantanti rock erano quelli che facevano gli esperimenti più audaci. Non andarono molto lontano, o forse andarono troppo lontano. Poi venne la generazione dell'AIDS, quella che aveva paura del sesso. Più tardi la malattia del sistema immunitario fu vinta, quella dell'anima rimase.
- La malattia dell'anima? Che modo romantico di esprimersi! Poco adatto ad una biologa. Tanto per fare un esempio scelto a caso: secondo te, l'idea che una professoressa non dovrebbe fare del sesso con un suo studente è una forma di cicatrice lasciata sull'anima dall'epidemia della fine del secolo?
- Un esempio scelto a caso? Un modo poco adatto di esprimersi, per un informatico. - La discussione scivolò verso un tono faceto, mentre ascoltavamo ``I am easy''.
Nei giorni seguenti non ebbi molte occasioni di parlare con la Giusti, né di incontrare Laura. Lavoravo a tutta forza alla traduzione dell'ultimo capitolo, nel laboratorio di paleolinguistica che era stato attrezzato apposta per me ed i miei collaboratori. Già, a quel punto io ero a capo di un'equipe di otto persone, che la Giusti aveva fatto venire a San Cataldo apposta, oppure dirottati da altri progetti; perché ormai il mio lavoro era di gran lunga il più importante. Anche Anna era stata costretta a lavorare per me, e si lamentava spesso che le sue balene erano più simpatiche dei miei dinosauri. Gli altri del mio laboratorio non si prendevano certo delle confidenze simili con me, ma Anna era una vecchia amica, anche se non avevo più tempo di fare del pettegolezzo con lei.
Fu proprio la squadra capeggiata da Anna che riuscì a tradurre un altro pezzo importante. Descriveva come il laboratorio di genetica del CD era stato chiuso, e ci si era sbarazzati degli animali sperimentali. Procedure di eutanasia, si direbbe nel gergo tecnico dei laboratori degli uomini. I dinosauri però erano alquanto più spicci: i piccoli mammiferi erano cibo, quindi...
- Guarda - fece Anna, arrivando da me in preda all'eccitazione - abbiamo trovato un passo che ammette che non tutti i mammiferi sperimentali furono soppressi.
- Dimmi la verità, tu fai il tifo per i topolini.
- Certamente. Ecco, qui dice che alcune delle cavie
[uscire; scappare; svanire] [fuori, spazio; oltre]
- Hai ragione, il senso è chiaro: alcuni sono scappati. E non si parla di tentativi di ritrovarli?
- Sembra proprio di no. Sembra di capire che la chiusura del laboratorio sia avvenuta in grande fretta, come sotto una minaccia imminente. Si sono mangiati alla svelta tutti quelli che sono riusciti ad acchiappare, e poi hanno chiuso Mammal Park. E hanno chiuso anche il rapporto finale, che doveva andare in archivio... infatti siamo a poche pagine dalla fine dell'ultimo file del CD.
- Quando finisce un lavoro importante, è un momento triste.
- Ma tu parli dei dinosauri, o di noi?
- Di tutti e due. Ti rendi conto che la traduzione è quasi finita? Certo, ci sono ampi margini per migliorarla, magari continueremo a lavorarci, ma nella sostanza siamo vicini ad afferrare il senso di tutto quello che c'è nel CD. E dopo? Dove lo troveremo un lavoro altrettanto eccitante?
- Tu pensa a trovarti qualcosa di interessante; io tornerò ai miei delfini, alle mie balene.
- Ma ti basterà?
- A me piacciono i cetacei. E poi voglio avere il tempo di vivere la mia vita; di avere dei bambini, per esempio.
- Ma abbiamo tanto tempo per avere dei bambini!
- Voi maschietti, forse; ma per noi femminucce, ogni mese il conto alla rovescia dice ``meno un ovulo'', e prima che tu te ne renda conto sei troppo vecchia per avere figli senza rischi.
- Io ora non mi sento di fare il padre. In un altro momento sono sicuro che mi piacerebbe. Lo sai che l'altro giorno, quando sono andato a Buti, ho incontrato una mia vecchia fiamma che portava a spasso il suo bambino?
- Ma ora non ti va perché hai troppo lavoro, o perché quella con cui vorresti farlo...
- Stai zitta, sei la solita pettegola.
Quella sera finalmente ebbi un colloquio con la Giusti. Le riferii che il lavoro di pseudotraduzione andava avanti molto rapidamente, ora che il personale ed i mezzi di calcolo erano stati accresciuti come le avevo chiesto. Il principale problema era rimasto quello di spiegare perché il progetto di ricerca descritto nel CD era stato terminato. Visto che avevano avuto successo nell'accrescere l'intelligenza dei topolini, perché avevano smesso? E perché così in fretta, tanto da non avere neppure il tempo di mangiarseli tutti ordinatamente?
La Giusti ascoltò la mia relazione in silenzio, e quando io ebbi finito prese ancora una volta una decisione importante:
- Va bene, ora è il momento di parlare con il vecchio Carletti. Lo chiamo al telefono per prendere un appuntamento.
- Non possiamo incontrarlo nel ciberspazio, o in videoconferenza?
- No, lui è molto all'antica, bisogna andare da lui. E poi vedrai, è un bel posto. La sua casa guarda il golfo del Serchio; lui si è ritirato lì quando la diga ha ceduto, e da allora non si è più mosso, ma di tanto in tanto qualcuno va ancora a cercarlo per farsi raccontare le storie dei suoi tempi.
- Andiamo insieme?
- Non dovrei andare in giro con te... ma ci verrò, se mi prometti che non farai lo stupido.
- Io fare lo stupido? Io sono un gentiluomo, in realtà.
- Già, nella realtà.
Andrea Milani 2011-10-11