-Io sono il guardiano del faro di Dyrhólaey -risposi
-Dyrhólaey...una volta conoscevo bene quel posto. Ma perchè sei qui?
-Perchè ho letto il diario di Thorstein; era nella biblioteca del faro.
Kolfinna rimase un attimo in silenzio, guardando oltre le mie spalle.
-Non sapevo che Thorstein tenesse un diario. Non mi fa piacere ricordare quei tempi. Sono stata felice con Thorstein che era il mio fidanzato, e poi l'ho perduto.
-Ma insomma, che cosa è successo a Thorstein?
-È impazzito, non ha più voluto vedere neache me, e alla fine si è ucciso gettandosi dalla scogliera.
-Però tu sei andata a trovarlo al faro. È l'unica annotazione sensata nell'ultima parte del diario, e sta proprio sull'ultima pagina.
Kolfinna parve scossa da questa contestazione, e rimase un po' a pensarci.
-Certo -disse alla fine -gli aveva proprio dato di volta il cervello; non faceva che parlare di fantasmi che venivano a perseguitarlo.
-Secondo le storie che si raccontano a Vík, il fantasma cercava anche te, anzi ti cerca ancora, gridando sotto la scogliera, perchè anche tu eri responsabile della sua morte.
Kolfinna mi guardò con molto disprezzo:
-Anche tu hai paura dei fantasmi?
-I fantasmi sono meno pericolosi degli uomini...e delle donne.
-Come osi -mi rispose -venire qui dopo sessanta anni a disturbare la mia pace? Cosa hai contro di me? Lascia a ciascuno i suoi fantasmi!
Mi resi conto che avevo esagerato; in fondo non avevo nessuna prova contro la povera vecchia. Quando si fu calmata riprendemmo la conversazione in tono pacato, senza più affrontare quell'argomento. Mi offrì persino un thè, davanti al quale mi raccontò i suoi ricordi di Thorstein, e quello che aveva fatto dopo.
Dopo quella notte, nel villaggio tutti incolpavano lui e lei per il naufragio. Ad ogni modo Kolfinna era una donna abbandonata e disonorata dal suo uomo, e per lei non c'era più posto. Perciò dopo la morte di Thorstein se ne andò al nord, ad Akureyri. Nel '41 arrivarono gli americani, e lei si legò ad un pilota con cui andò in America alla fine della guerra. Dopo vent'anni tornò e si stabilì a Reykjavík.
Credo di aver ascoltato a lungo il racconto della vecchia, e a poco a poco scivolai nell'incoscienza. Quando mi svegliai ero nel reparto intossicazioni dell'ospedale universitario di Reykjavík. Ricevetti perfino una visita del mio amico Jón, il professore di medicina legale.
-Caro professore -dissi appena fui in condizione di parlare -forse qui c'è del lavoro per lei.
-Magari -fece lui -invece qui hanno detto che è stato avvelenamento da pesce andato a male.
-Il merluzzo nel thè non l'ho mai visto mettere neanche qui. E poi in Islanda il pesce andato a male è veramente raro, perchè ci sono troppo pochi batteri nell'aria, almeno secondo le guide turistiche.
-Succedono tante cose in Islanda, di cui le guide turistiche non parlano...
Di questo ero ormai convinto anche io. Ma il diario di Thorstein era sparito dalla mia borsa, e perciò non avevo modo di provare che in Islanda negli ultimi 60 anni c'erano stati quattro omicidi, e non tre. Quattro e mezzo...