Così durante una delle mie visite a Vík andai a trovare Jonas, che mi accolse con grande cortesia, e gli chiesi:
-Per quanto tempo sei stato guardiano supplente del faro?
-Da più di vent'anni, cioè dalla morte di mio zio che era guardiano prima di me.
-Allora tuo zio abitava al faro?
-No, ci andava ogni giorno come me.
-E perchè non siete mai andati ad abitare al faro? D'inverno la strada è difficile da percorrere.
-Ma... io ho una bella casa in città, non avevo voglia di vivere in un posto così isolato...
Per un islandese questa era una giustificazione veramente poco credibile; nessuna delle saghe islandesi di cui ero ormai un lettore abituale parlava di islandesi che soffrissero di solitudine. Dovevo pensare che la razza si stesse ormai rammollendo, o che non mi fosse stata detta tutta la verità?
La sera seguente la lettura del diario di Thorstein si fece più interessante: il solitario guardiano del faro aveva messo gli occhi su di una dolce fanciulla di nome Kolfinna. Giorno dopo giorno raccontava i vari stadi di un complesso rituale di corteggiamento che non sembrava mai arrivare al dunque. Abbastanza sorprendente per chi ha visto cosa succede oggi nelle discoteche di Reykjavík. Dopo aver scorso le pagine che descrivevano in infiniti dettagli due anni di corteggiamento, finalmente arrivai ad un'annotazione del 1935 in cui Thorstein esultante scrive che Kolfinna aveva accettato di venire a visitarlo al faro. Soltanto i preparativi per ricevere Kolfinna riempivano quattro pagine scritte tanto frettolosamente da essere quasi illeggibili. Vista la minuziosità delle annotazioni di Thorstein, io già pregustavo una lettura finalmente degna di una notte solitaria in cima a una scogliera. Ma la pagina seguente del diario fu molto diversa da come me la aspettavo.