Seduto al mio posto, entro in occhi di ben e poi vado a cercare il bottone
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Faccio il mio annuncio con voce molto calma, come se fosse un invito ad un party virtuale, come lo chiama il manuale, al capitolo Attività di gruppo. L'appuntamento è per le undici, in piena luce; le riprese riescono molto meglio.
Al momento di muovermi, mi prende la paura. E se mia madre mi impedisce di uscire? E mio padre, potrebbe pensare che lo sto sfottendo, che gli rinfaccio la sua paura. Bisogna che aspetti che si tolgano dal salotto, da cui si vede l'ingresso... ma quelli non si spostano mai. Ora sta venendo tardi, non posso mancare all'appuntamento. Basta, o la va o la spacca.
-Dova vai? -è mia madre che mi ha beccato mentre scivolo verso la porta.
-Vado a prendere la legna.
Alla mia dichiarazione segue un silenzio di tomba. Mi sono già pentito di avere detto una cosa simile, io in fondo voglio bene ai miei genitori, lo so benissimo che non è colpa loro, ma ormai ho detto così. Nessuno dei due genitori ha il coraggio di dire niente. Solo mia sorella mi dice di stare attento, di non arrivare fino al viale, perchè lì mi vedono da lontano...
I primi amici si collegano mentre sono ancora sulle scale. C'è Kathy, e Yussuf che mi racconta che l'hanno pestato solo un po' e poi l'hanno rilasciato, e c`è anche Albert che non sentivo da un pezzo. Aspetto per un poco nel cortile per dare il tempo a tutti di collegarsi, e anche per fare crescere la tensione nel mio pubblico. Sì, oggi ho un pubblico, la più grande audience che ho mai avuto: otto collegamenti. Però io vorrei restare a godermi la loro presenza, ma sento che non posso, che devo fare quello per cui li ho chiamati. Soltanto Kathy mi dice di non andare, ma io sento che gli altri aspettano che mi decida.
Il portone è sempre chiuso, ma la porticina si apre se si tira con forza. È fatta, sono fuori, sbatto la porta e comincio a correre rasente ai muri. E quasi senza rendermene conto comincio a parlare con il tono del telecronista, a voce bassa ma ben udibile grazie al microfono che ho messo sul colletto.
-Questa strada è ancora abbastanza sicura, perchè è storta ed i cecchini non hanno una buona linea di tiro. Ora attraverso, e al prossimo incrocio prendo a destra, verso il viale. Il viale, come vedete, è dritto per diversi chilometri. Vedete? Laggiù c'è ancora del sangue rappreso, avrete certamente visto la scena in TV la settimana scorsa...
Si sente qualcuno dei miei amici collegati che comincia a piangere; credo che sia Kathy. Ma ormai sono senza cuore, come un drogato, come un cane della guerra, non posso più fermarmi.
-Ecco, questo è il punto in cui è più facile attraversare il viale, perchè si può partire da questa rientranza in un palazzo, da qui non possono vedermi e non possono sapere quando parto. Ora prendo il fiato, perchè correre veloci e senza fermarsi è la sola salvezza. Sono circa cinquanta metri... io però non sono un'atleta, mi ci vorranno almeno dieci secondi. Tenetevi pronti. Ho la mano sul pulsante, se cado staccherò il collegamento, non voglio farvi vedere il sangue.
-Ma perchè ci fai questo? -dice una voce disperata. Non me l'aspettavo, è Gudrun che piange.
-Ma io non faccio niente. Voglio solo attraversare la strada. Ecco, sono pronto; ora non parlerò più, devo risparmiare il fiato. Addio.
Esco dal riparo dei palazzi e attraverso di corsa la strada, in linea retta; poi all'improvviso, circa all'altezza della linea di mezzeria della strada, mi chino e cambio direzione. Non sento lo sparo, ma la pallottola che fischia vicino alle mie gambe. Non mi ha preso... non mi ha preso. Non gli darò il tempo per il secondo colpo. Ecco, sono sul marciapiede, al riparo dietro ai resti dell'edicola. Poi un altro breve scatto, e sono dietro l'angolo del vicolo. Sono passato.
Non so se ho fatto bene. Non so se nessuno vorrà più collegarsi con me.